Ho letto di recente questa lettera pubblicata sul quotidiano "Rinascita". Rifiuto del "rosso-brunismo" e pragmatica convergenza tattica tra persone provenienti dalla sinistra e persone provenienti dalla c.d. "destra antagonista". Più illuminante e credibile di tanti appelli nostalgici (rifondare il fascismo sansepolcrista e repubblichino con un tocco di estetica bolscevizzante) o di falliti tentativi pittoreschi (la lista "fasciocomunista" o , in Russia, il movimento/baraccone creato da Eduard Limonov).
FONTE http://rinascita.eu/index.php?action=news&id=9998
Una proposta alternativa al “rossobrunismo”
Il direttore Gaudenzi, discutendo in un editoriale intitolato Note di buon augurio del progetto di “fronte comune” auspicato da “Rinascita”, mi ha fatto l’onore di citare esplicitamente il mio nome. Colgo la palla al balzo ed esprimo, in poche righe, il mio pensiero a riguardo.
Infatti, non mi sfuggono le forse insormontabili difficoltà relative ad un progetto di “fronte comune” che unisca gruppi convenzionalmente classificati come “sinistra” ad altri convenzionalmente classificati come “destra”. La triste parabola di “Sinistra Nazionale” (quando si sfrondò l’albero fino a lasciare un tronco spoglio), ben nota a chi oggi propone il “fronte comune”, dovrebbe essere di monito: allora, poi, si trattava di riunire sigle che venivano da un medesimo ambiente politico-culturale. Oggi non ci sarebbe più nemmeno quest’uniformità di fondo.
Gli alternativi, a “sinistra” come a “destra”, non sono mai riusciti ad unirsi: da una parte si sono frammentati per il settarismo, dall’altra per il ducismo, le rispettive malattie storiche ed esistenziali delle due frange. Se i “sinistri” non riescono ad unirsi coi “sinistri”, e i “destri” con i “destri”, quante possibilità vi sono che riescano ad unirsi i “sinistri” coi “destri”? Tanto più che due pregiudizi speculari separano gli uni dagli altri. Da un lato, l’antifascismo della “sinistra”. Dall’altro, se non un autentico anticomunismo, quanto meno l’anti-antifascismo della “destra”. Sintomatico che uno dei primi interventi sul “fronte comune” abbia sollevato la questione del 25 Aprile, vera pietra dello scandalo che si pone a muro invalicabile tra le due parti: da un lato idolatrato, dall’altro vituperato. Ed anche se il miracolo riuscisse, ed avvenisse una siffatta “convergenza delle estreme”, che si guadagnerebbe? Il “rossobrunismo” ha ormai un fascino ridotto a poche avanguardie politico-culturali, quasi esclusivamente concentrate a “destra”. Il clamoroso fallimento della lista “fascio-comunista” di Pennacchi a Latina è un altro segnale inquietante per simili progetti sincretici. Il gioco, a mio modestissimo avviso, non vale la candela.
Che si può fare allora?
La prima proposta alternativa che vorrei lanciare è questa: cominciare a contare le teste anziché i gruppi, le idee anziché le ideologie. Si cerchi d’avvicinare tra loro gli individui, soprattutto quelli qualificati (siano essi intellettuali o professionisti, giornalisti o imprenditori, politici o scienziati) ma non solo. Gli individui sono per natura più flessibili dei gruppi: la psicologia delle masse (cristallina fin da quando ne scrisse Le Bon) è al contrario improntata all’oltranzismo ed all’intolleranza. Morale: è più facile unire dei singoli che delle collettività.
Strettamente connesso al primo, il secondo punto: rinunciare a costruire una sintesi attorno a logiche movimentiste, ad ambizioni di bassa politica o, al contrario, di altissima (rivoluzioni epocali ecc.). Mirare modestamente ad un’associazione d’individui anziché ad irrealizzabili coalizioni di movimenti politici. Lasciando libero ogni individuo di scegliere se e come fare politica militante, di scegliere se e quale dottrina seguire, in una parola non imponendogli una fedeltà esclusiva: così diviene molto più facile stringere relazioni.
Puntare, insomma, su un’associazione ad hoc, formata attorno ad una determinata tematica, o comunque un paniere ristretto di temi, su cui si possa facilmente creare un consenso anziché perdersi in infinite diatribe dottrinarie. Un’associazione fondata su temi concreti, non su speculazioni ideologiche. Un’associazione a tempo, legata al perseguimento di un obiettivo ben preciso, raggiunto il quale il legame viene meno, a patto che non sopraggiungano nuovi temi comuni a fare da collante.
Non è difficile, nella situazione attuale, individuare un tema attuale, concreto, fondamentale, che possa fungere da collante per una siffatta associazione d’individui: l’assalto dei potentati stranieri ed interni che, strumentalizzando la crisi del debito pubblico (e magari fomentandola tramite una speculazione politicamente diretta), ricattano il nostro paese imponendo l’applicazione dei dettami neoliberali, intimando la resa al tristemente noto Washington Consensus. La loro ricetta di “risanamento” è nota: smantellamento dello Stato sociale, svendita del patrimonio pubblico, passaggio in mani straniere dell’industria e dei beni strategici italiani. Seguendo questa “cura”, forse, tra venti o trent’anni non saremo più indebitati, ma l’Italia sarà ridotta ad un paese del Secondo o Terzo Mondo. La classica cura peggiore del male.
Perché, allora, non mobilitare singoli di buona volontà – a prescindere che siano di “destra”, “sinistra” o “centro”, militanti o apolitici, conservatori o rivoluzionari – per difendere l’Italia da un attacco concreto, esiziale, che si sta consumando ora sotto i nostri occhi, anziché vagheggiare coalizioni politiche tanto rivoluzionarie quanto impraticabili?
Va da sé che, se il fine non vuol essere solo quello di fare testimonianza, ma d’opporre una resistenza concreta all’offensiva in corso contro l’Italia ed il suo popolo, si dovrà uscire anche dall’ottica della “convergenza delle estreme”, del rassemblement dei dissidenti d’ogni colore, per cercare invece appoggi anche all’interno del Sistema: dove certo non mancano persone che sarebbero disposte a difendere il paese nel presente e fatidico momento storico, in cui se ne sta decidendo il futuro.