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    Giuseppe Garibaldi: Socialista e Liberale?

    FascioeMartello
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    Messaggio  FascioeMartello Mer Gen 11, 2012 5:37 pm

    GIUSEPPE GARIBALDI: SOCIALISTA E LIBERALE?

    Marx non amava Garibaldi! E Garibaldi era lontano dal materialismo marxista
    di Pierfranco Bruni

    E' tempo di consuntivi non solo politici ma anche storici. Le riletture si fanno sulla base di una ricostruzione e di una interpretazione. Si parla e si parlerà ancora di Giuseppe Garibaldi (Nizza 1807 – Caprera 1882) in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia.

    Ci sono alcune considerazioni di ordine ormai storico e non più ideologico. Su quale storiografia si basa il “pensiero” politico di Garibaldi? Una provocazione? Direi di no. Ma una osservazione certamente sì.
    Che Giuseppe Garibaldi non fosse amato da Carlo Marx è un fatto risaputo. Diciamo che a Marx non era simpatico Garibaldi. Lo aveva addirittura “stroncato”. Ciò è stato confermato anche da “l’Unità” non molto tempo fa.

    Si potrebbe parlare di un Garibaldi eretico? Ma ancora una volta storia, leggenda e mito si ritrovano insieme nel tentare di ridefinire il personaggio. La rilettura di Giuseppe Garibaldi attraverso il volume (il cinquantaduesimo) del Dizionario Biografico degli Italiani aveva già posto delle riflessioni anche politicamente provocatorie che dovrebbero aprire una pagina significativa della nostra storia. Un Garibaldi “altro” potrebbe anche mutare o approfondire una visione dell’Unità d’Italia e del Risorgimento stesso.

    Mi sorge spontanea una domanda che, a dire il vero, mi ero già posto nei mesi scorsi, in una rilettura complessiva dalla storia unitaria ai nostri giorni, e che ora ritrovo nella sua attualità ma anche nella sua sostanza storica. Eccola. E se, chiaramente alla luce di una rilettura, Giuseppe Garibaldi fosse, tutto sommato, un “pensatore” dell’azione nazionalista? O un “garibaldino”, rivoluzionario per dirla tutta, la cui idea principale era quella dell’identità nazionale? Fuori da qualsiasi concetto internazionalista? Proprio così.

    Ma sì. La domanda non è peregrina. Bandiera del Psi all’epoca craxiana. Il Craxi nazionalista e difensore della Patria. Mito indiscusso del leader socialista in quegli anni dai consensi inebrianti. Craxi, in quel tempo, si sentiva un Garibaldi redivivo. O con quali socialisti starebbe oggi Garibaldi? Tra l’ironia e la rilettura, piuttosto spinta sulle comparazioni, Omar Calabrese aveva sottolineato un paragone che andrebbe letterariamente approfondito.

    Infatti si era così espresso: “… nella giungla dove Sandokan fugge con la Perla di Labuan, par di vedere Garibaldi con Anita nella pineta di Ravenna”. Calabrese ha condotto il suo discorso spingendosi sulla popolarità di Garibaldi. Eroe popolare ma anche eroe del popolo.

    Renato Zangheri, invece, aveva posto l'accento sul Garibaldi socialista e sul ruolo dei contadini nell’avventura garibaldina. Ha precisato: “I contadini avevano assistito passivamente al moto unitario. Ma quando entrarono nella vita dello Stato negli ultimi decenni dell’’800 e nei primi del ‘900, lo fecero in gran parte sotto le bandiere del socialismo. Un socialismo riassunto soprattutto dalla figura di Garibaldi”.

    Franco Della Paruta ha parlato del Garibaldi “convinto internazionalista in America Latina”. Carlo Jean si è soffermato sul condottiero risorgimentale.

    Credo che la figura di Garibaldi vada riproposta attraverso una precisa contestualizzazione storica in un quadro di rilettura generale pre e post unitaria. Fu socialista e nazionalista, monarchico e liberale. Insomma non lo si può lasciare ad una lettura scolastica, ma va approfondita la sua posizione all’interno di una temperie che nel corso di questi decenni ha vissuto dei veri e propri processi di ricerca e interpretativi.

    A parte questo, il discorso su Garibaldi nazionalista può assumere una riflessione seria. Si ricominci a discutere del ruolo che ha avuto il Garibaldi nazionale e nazionalista in tutte le vicende politiche che lo hanno visto protagonista. Nazionalista e liberale lo fu in tempi non sospetti. Ma si parlò di un Garibaldi “interventista dei nazionalisti” come si parlò di un Garibaldi “profeta della dittatura” e poi di un Garibaldi “progressista del Fronte popolare”. Ma ci sono dati che vanno confutati.

    I liberali italiani, dopo che la Legione italiana, da lui fondata nel 1843, difese Montevideo da un cruento assedio e dopo la battaglia di San Antonio al Salto dell’Otto febbraio 1846 nella quale gli italiani ebbero una straordinaria vittoria (fu in questa battaglia che i legionari garibaldini adottarono la camicia rossa), organizzarono una sottoscrizione in tutta Italia per insignirlo con una spada d’onore.

    Ciò è soltanto un mero episodio trascurabilissimo in confronto a tutte le posizioni assunte da Garibaldi nel corso della sua attività politica. Soprattutto bisognerebbe rileggere le sue “Memorie” per rendersi conto della vera statura del generale e della grandezza dell’uomo politico, il cui senso della rivoluzione è rompere gli steccati per creare libertà alla tradizione, alla Nazione, alla Patria, alla famiglia, attraverso quei modelli di libertà che provengono certamente dal liberalismo ma anche dal nazionalismo.

    In molte occasioni si potrebbe accostare Garibaldi ad Antonio Salandra. Il primo Presidente del Consiglio che unificò la conquista per la terra ad una politica liberale. Un primo ministro che veniva dal Sud, dalla Puglia, e conosceva molto bene il rapporto tra le lotte per la terra e una concreta politica agraria.

    Molte tappe segnate da Garibaldi sono da considerarsi in quel profilo politico, in cui l’idea dell’Italia si definiva nell’Idea dell’Identità Nazionale. Un personaggio forse eretico. O un generale eretico nazionalista. E lo ha testimoniato più volte nel corso del suo impegno e della sua attività. Sino a quando fu relegato a Caprera, dalla quale si allontanò soltanto dopo la caduta di Napoleone III per andare in aiuto dalla Francia che era stata invasa.

    Non va trascurato il fatto che nonostante fosse stato eletto in quattro dipartimenti non volle partecipare mai alle sedute dell’assemblea di Bordeaux. Nel 1874 venne poi eletto nel Parlamento italiano. Si occupò di sovranità nazionale e dei problemi inerenti le realtà contadine.

    La guerra, per Garibaldi, era un fatto nazionale e di popolo. Era sempre una guerra per la libertà e non un fatto militare soltanto. Una guerra è sempre, secondo Garibaldi, un coinvolgimento di popolo e come tale va considerata: come portatrice dei valori di una Nazione.

    Ristudiare Garibaldi certamente offre, oggi, una diversità di valenze. La storia non finisce e non ha parentesi. Rileggere Garibaldi tra il mito e la storia significa anche reimpostare un processo storico che parte dalla preparazione dell’Unità d’Italia, ovvero dalle fasi post - unitarie. Garibaldi, personaggio che va letto attraverso due profili che, comunque, non possono vivere separati: la storia e il mito. Insieme costituiscono il fascino di questo eroe dei “due mondi”.

    Proprio per queste ci sono spaccati che vanno compresi, e in un tempo di perdute ideologie è necessario riflettere con maturità e consapevolezza. Giuseppe Garibaldi resta una personalità controversa. Si pensi soltanto ai suoi anni di riposo (o meglio di esilio) o ancora alla sua “vertenza” liberale riguardante proprio l’Unità d’Italia.

    Garibaldi fu un Generale che non accettò il marxismo e non condivise i cosiddetti percorsi proletari. D’altronde perché Bettino Craxi, che la storia del socialismo la conosceva bene, lo aveva indicato come riferimento partendo proprio da un certo teorico del socialismo che rispondeva al nome di Proudhon (Besancon 1809 – Parigi 1865)? Il socialismo ha nel suo Dna l’idea di identità nazionale. Quell’identità nazionale per la quale i socialisti interventisti difesero la Patria proprio nella Prima guerra mondiale.

    Pierfranco Bruni

    http://www.calabresi.net/201010253433/attualita-e-cultura-generale/giuseppe-garibaldi-socialista-e-liberale.html

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