Ma se il nostro intento è quello di indicare una "terza via" al di là del capitalismo (compreso il corporativismo borghese) e del modello sovietico, ebbene, sarà nostro dovere proporre qualcosa che sia effettivamente diverso da queste due forme di organizzazzione economica e lavorativa.
la mia proposta, o mozione, è la seguente: C-O-G-E-S-T-I-O-N-E.
Un modello da applicare nella grande industria ma anche all'interno della piccola e media impresa. Da escludere, invece, le attività a gestione individuale o familiare.
Cogestione, al contrario della subordinazione capitalistica e di quella statalista-sovietica, significa PARTECIPAZIONE. Partecipazione attraverso le rappresentanze di categoria. Non so, ora, se sia opportuno parlare di liberi sindacati o di corpi "intermedi" gestiti dallo stato. E' un quesito al quale non sono ancora riuscito a dare risposta.
In ogni caso: IL NOSTRO SOCIALISMO dovrà essere PARTECIPATIVO. NON "espropriativo".
Non capisco, in tutta onestà, per quale motivo un artigiano o un commerciante debbano abbandonare la propria attività per tramutarla in proprietà esclusiva dei lavoratori. La proprietà deve essere SIA di chi investe il capitale SIA della forza-lavoro.
Questo non significa che condanno aprioristicamente quella che voi chiamate "socializzazione integrale". In caso di fallimento doloso o di fronte a vergognose tragedie (si pensi al caso ThyssenKrupp) , infatti, sono assertore della necessità di un vero e proprio processo di socializzazione. Non, però, in altri ambiti.
Qualcuno mi accuserà di proporre ricette neo-corporativiste o vetero-mutualiste.
Non è così. La cogestione è stata il motore trainante della Germania e della Svezia socialdemocratiche, dell'Argentina peronista e, oggi, rappresenta l'asse portante del Venezuela bolivariano.